Sono trascorsi circa vent’anni dal Patto di Varsavia e anche la Polonia è ormai entrata nel vorticoso uragano della globalizzazione. Nonostante alcuni euroscetticismi, è stato così per l’economia, per la politica ed è così anche nella musica, dove le tradizioni d’un tempo hanno lasciato il passo alla cultura pop e a qualche diapositiva ingiallita. Così, mischiando tradizione e cambiamento, i Warsaw Village Band hanno intrapreso la strada delle sperimentazioni musicali, unendo le sonorità raggae della cultura afro-jamaicana a quelle ebraico-klezmer dei violini e della musica classica. Acclamati dalla critica di settore come prodigi della galoppante world music hanno dimostrato, nel corso degli anni, di sapersi proporre alle platee più variegate, dalle telecamere della BBC alle aride campagne dell’ex Unione Sovietica. Magdalena Sobczak Kotnarowska, Sylwia Świątkowska e Ewa Wałecka, ovvero tre voci femminili per scavare nel passato, per riscoprire le proprie tradizioni, anche grazie all’originalità dei propri strumenti. Ne sono esempi il tamburo a cornice, il suka, una sorta di violino polacco sconosciuto anche agli anziani più longevi e la ghironda, a testimoniare un stampo folk dalle maliconiche tinte medievali e dall’accentuata spiritualità. All’interno delle loro canzoni sono racchiuse storie, costumi e tradizioni, capaci di volare dai canti pastorali dei Carpazi fino ai fiordi del Nord Europa, con il timbro freddo e deciso delle praterie dell’Est più estremo. Un successo che trova la propria chiave di volta nella continua voglia di sperimentare, di accostare nuove sonorità, come nell’ultimo e quarto album, Infinity, che ha visto la partecipazione di un dj (un esperimento già fortemente proposto nell’album Upmixing del 2008) e di altre personalità della musica contemporanea polacca. Così, in attesa della prossima uscita, che si chiamerà Nord e sarà disponibile verso la fine della primavera, immaginiamo il futuro della musica folk di domani, senza poter realmente sapere dove finiscano le tradizioni di ieri.
By OutSiders
THE NEW YORK TIMES - “Traditional Polish songs, with their cutting vocals and meshed fiddles are the foundation of Warsaw Village Band’s repertory. But while their lineup is primarily acoustic – hand drums, hammered dilcimer, violins, cello – their sensibilities are modern. They hear dance -club drive and trancey echoes in the songs and they use recording studio techniques to heighten the central drones and eerie percussive sounds in their songs. Hints of reggae and guests like a scratching disc jockey should further infuriate purists”
WASHINGTON POST - “Poland’s Warsaw Village Band may be a folk music sextet, but that doesn’t mean it employs polite strumming and quaint melodies. Sunday evening on the Kennedy Center Millennium Stage, this three-woman, three-man ensemble used violins, dulcimer, cello, Polish frame drum, marching band-style baraban drum, and high-pitched vocals to showcase the unique, raw style they referred to as Polish “roots music from the ancient to the future.”
With the women upfront and the guys in back, the group featured songs from their two recent albums, “People’s Spring” and “Uprooting.” Although the one-hour set was often dominated by noisy waves of rhythmic bowing from the two violin players, their string work frequently lacked melodic variety. But the other instruments, and especially the haunting female vocals, took up the slack.”
FOLKWORLD - “A very mature work with lots of energy. Another proof that we should have a closer look towards the Polish scene.”
ROOTSWORLD - “Proud, inquiring, revolutionary, masterly performed, imbued with a youthful enthusiasm that revitalizes you on every listen and manifests why it still means something to be searching for music all over the land, instead of being content to listen to mainstream pop.”